Lo scavo

Le ricerche sono iniziate con l’analisi delle emergenze architettoniche presenti sul sito, che sono riconducibili a periodi diversi della vita del castello. Contestualmente sono iniziate le indagini archeologiche intensive che negli anni hanno interessato una porzione consistente dell’area occidentale del sito ed una parte più ridotta dell’area sommitale (fig. 1). In totale sono stati indagati circa 765 m2 di superficie, oltre un sesto dello spazio totale interno del complesso castellano. Nel complesso, le testimonianze di strutture murarie e di attività antropiche riconosciute, sono testimoni di un susseguirsi di fasi edilizie legate ad un lungo periodo di frequentazione del centro castrale.  È stato possibile riconoscere una serie di edifici riferibili principalmente ad abitazioni ad uso contadino, le quali, a partire almeno dall’inizio del XIII secolo, avrebbero interessato buona parte della superficie castellana, con alterne vicende, fino agli inizi dell’epoca contemporanea.

Nel riassumere in estrema sintesi le vicende relative alla storia del castello è importante sottolineare che non sono state riconosciute fasi altomedievali di frequentazione del sito. Le prime evidenze materiali certe sono quelle riconducibili alla torre sommitale, edificata tra la fine dell’XI e il XII secolo, presumibilmente accompagnata da un’area abitativa estremamente ridotta. Un consistente sviluppo insediativo del castello avviene nel corso del XIII secolo, in concomitanza con la costruzione dell’imponente circuito murario, cui fa seguito la costruzione di edifici che, in brevissimo tempo, interessarono buona parte della superficie castellana racchiusa dalla cinta difensiva. A partire dal XV, il castello subisce un progressivo spopolamento che si intensifica nel XVI e XVII secolo, quando la bonifica granducale sottrae vasti terreni alla palude che ricopriva una vasta area della Valdichiana, richiamando manodopera e causando il trasferimento a valle degli abitanti di Montecchio. Nel 1823 sono ancora presenti ventuno abitazioni all’interno della cerchia muraria. Nell’ultimo trentennio del secolo tutti gli edifici vengono acquistati dal banchiere Giacomo Servadio che diviene così l’unico proprietario dell’intero complesso monumentale.

La persistenza del circuito murario duecentesco fino ai giorni nostri ha conservato in modo esemplare le stratificazioni archeologiche di questo colle, consentendo un’analisi approfondita delle numerose fasi di vita del complesso castellano e il recupero di una notevole mole di reperti archeologici che nel corso degli anni hanno permesso di riconoscere e descrivere il diverso tenore della cultura materiale contadina nel corso dei secoli e di valutare eventuali differenziazioni sociali al suo interno.

Attualmente è in corso una rielaborazione complessiva dell’insieme dei dati stratigrafici e dei materiali ceramici (oggetto di un dottorato di ricerca), vitrei e metallici (oggetto di una tesi di laurea specialistica), che saranno presto editi all’interno di una pubblicazione complessiva sulle indagini archeologiche al Castello.